Published on Dicembre 12th, 2016 | by Antonio Tortolano
0Forze elastiche: Megamusic intervista Fabio Cinti
Oggi su Megamusic vi proponiamo l’intervista a Fabio Cinti. A fine settembre è uscito Forze elestiche, il nuovo album dell’artista di Ceprano. Prodotto da Paolo Benvegnù, questo quinto lavoro discografico vede la partecipazione di Nada Malanima, The Niro, Massimo Martellotta (Calibro 35), Alessandro Grazian e Giovanna Famulari. L’album è stato anticipato dal singolo La gente che mente. Amico e collaboratore di Morgan, Fabio Cinti ha aperto diverso tappe di uno dei tour di Franco Battiato, altro grande personaggio che ha permesso la sua crescita facendo interpretare un brano scritto dal Maestro siciliano. Abbiamo fatto con Fabio una chiacchierata dove ci racconta del suo nuovo album, delle collaborazioni, di Morgan, Battiato, di musica e molto altro…
A tre mesi dall’uscita di Forze elastiche, sei soddisfatto del riscontro finora ottenuto?
Mi sembra che stia andando tutto bene! Dalle recensioni capisco che l’album risulti controverso, che fa parlare di sé, che piace molto oppure per niente. E questo lo trovo un ottimo risultato, credo sia un segno che definisca un carattere ben preciso del lavoro. Il live sta funzionando, abbiamo avuto un buon pubblico finora e ci stiamo divertendo. Poi c’è stata la questione della censura della copertina, e anche quello è stato un fatto controverso che ha fatto parlare dell’album…
Come è maturata la scelta di La gente che mente come primo singolo?
In realtà è uscita anche Perturbamento qualche mese prima della release dell’album… La gente che mente però ci è sembrata molto forte da un punto di vista emotivo, nonostante sia una ballad piuttosto lenta e con una strofa molto scarna. Poi il ritornello però parte e il brano si dispiega: abbiamo puntato più sull’emotività che su un fatto tecnico e funzionale.
Quali sono per te le forze elastiche e come nasce questo lavoro discografico?
Le forze elastiche mi permettono di esplorare spazi fisici o metafisici, quelli della mente, permettendomi di tornare sempre a casa. Siamo in qualche modo tutti al centro dell’Universo, in questo spazio infinito, e trovo necessaria la coscienza di sé nello spazio dove viviamo in questa vita. Tutto l’album è permeato da questo contenuto: l’esigenza di capire dove ci troviamo, di quanto contano i luoghi, di come influiscono sulla nostra esistenza. La scelta dei brani è stata fatta sulla base di quella esigenza. Una città è un luogo fisico e metafisico allo stesso tempo, così come tutti i luoghi, quelli dell’infanzia per esempio, che inevitabilmente, nel tempo, diventano luoghi nella nostra memoria.
Quanto sono state importanti per te le collaborazioni artistiche di cui ti sei avvalso?
Le collaborazioni sono sempre un modo, per me, per osservarmi da fuori. Sentire una canzone cantata interamente da Nada è stata un’esperienza molto forte. Parto sempre con una sottile paura di non essere all’altezza delle situazioni, perciò quando poi il risultato mi piace – e nel caso di Cadevano i Santi moltissimo – sono soddisfatto il doppio. Quindi le collaborazioni sono anche una prova, oltre naturalmente al piacere di lavorare con professionisti e amici.
L’amicizia e l’aver lavorato con Morgan a livello di ispirazione quanto è contata in te?
Ci sono stati, in passato, anni che per me sono stati di formazione, stando al suo fianco, e in quel caso ho imparato a usare meglio i ferri del mestiere. Quanto alle ispirazioni, avendo pochi anni di differenza con lui, abbiamo avuto lo stesso imprinting con identici ascolti e anche per questo andiamo d’accordo. Del primo pezzo dell’album, Io Milano di te, hanno scritto che appunto risente dell’influenza di Morgan. In realtà è fortemente ispirato ai Roxy Music o al Bryan Ferry di Mamouna , che sia io che Morgan amiamo moltissimo. L’ascoltatore medio però fa fatica da andare più indietro e in una canzone ci sente quello che conosce.
Il rapporto con lui negli anni è diventato poi sempre più sincero e diretto. Ora siamo due uomini maturi e sappiamo entrambi cosa vogliamo, perciò lo scambio – emotivo, culturale, ecc. – è sempre, in qualche modo, funzionale a ciò che facciamo, sia che si tratti di divertimento che di lavoro. Conosciamo l’uno dell’altro i lati migliori e quelli peggiori, quindi sappiamo quando fermarci oppure quando è il caso di percorrere una strada che ci porti da qualche parte.
Invece poter collaborare con Battiato e interpretare un brano scritto da un grande come lui immagino sia stato motivo di grande orgoglio e soddisfazione.
Ai tempi l’avevo definito un “diploma”. Nel senso che quel brano è arrivato alla fine di una serie di miei lavori (tre) dove la sua influenza aveva guidato la mia scrittura (in Italia flotte di cantautori scrivono come De Gregori ma siccome sono in tanti nessuno ci fa più caso, mentre il caso di Battiato, della sua influenza, è ancora relegata a pochi riconoscibili…). È stata una soddisfazione enorme e ancora adesso faccio fatica a pensare che sia accaduto davvero. Dopo quell’evento ho capito – parlando anche con lui – che avevo chiuso un capitolo e credo che Forze elastiche sia il risultato anche di quella riflessione.
Qual è il tuo rapporto con il pubblico?
Molto diretto, tendo a voler conoscere tutti, a parlare con tutti, rispondo a tutti messaggi. Non mi spaventano neanche gli stalker o gli ossessivi. “Tutti gli uomini sono a loro modo anormali” diceva Ungaretti.
Riguardo all’attuale situazione dell’industria discografica, secondo te quale potrebbe essere la ricetta vincente per avere un equilibrio tra major ed etichette indipendenti?
Alla base di ogni problema discografico italiano ci sono due grandi pilastri: quello economico e quello culturale. Si continua a sperperare una quantità di denaro assurda per progetti che hanno un valore culturale uguale a zero. Con la scusa che il pubblico “vuole” quella cosa. Se i discografici, o i produttori, sono ignoranti produrranno ignoranza e l’ignoranza ha sempre terreno fertile perché è facile, non bisogna fare nessuno sforzo e si rivolge a un pubblico medio basso. Quindi un equilibrio ci sarà, forse, o quando saremo tutti completamente ignoranti oppure quando ci accorgeremo che è necessario ricominciare a innalzare il livello e non confondere la semplicità con la banalità.
Aver letto qualche libro e tentare di mixare arti e argomenti dentro nuove opere e forme d’arte sembra essere diventato un reato. Se invece scrivi stronzate dopo che sei ubriacato la gente ti prende per genio.
Quali sono i progetti futuri di Fabio Cinti?
Ho fondato la Marvis LabL, un laboratorio dove si produce musica, teatro, letteratura, video, scultura, fotografi, dove io e i miei preziosi collaboratori abbiamo a che fare con tutto ciò che ci piace senza discriminazione sulla forma e senza limiti di genere. È un progetto ambizioso e molto difficile da portare avanti, ma finora sono molto soddisfatto dei risultati. Anche Forze elastiche è stato interamente prodotto da noi. Siamo, in qualche modo, anche una etichetta discografica “alla vecchia”, con il booking interno eccetera.
Perciò mi dedicherò molto a questo progetto, alle prossime uscite (tra quelle discografiche anche i The Wise, che usciranno a marzo).