Published on Dicembre 8th, 2017 | by Antonio Tortolano
0Megamusic intervista gli Slavi – Bravissime Persone
Oggi su Megamusic vi proponiamo l’intervista agli Slavi – Bravissime Persone. Lo scorso 25 ottobre è uscito per Beta Produzioni l’omonimo disco. La band è un contenitore sperimentale, fondato dai musicisti Antonio Ramberti (Duo Bucolico), Marcello Jandu Detti (Supermarket, Giacomo Toni), Nestor Fabbri (Nobraino), Alfredo Portone (Supermarket, Giacomo Toni, Saluti Da Saturno, Jang Senato), il Pitone (Howbeatswhy), che hanno deciso di portare in giro per l’Italia e l’Europa una collezione di eccellenti brani, ingiustamente ignorati o dimenticati, con una leggerezza che non sfocia mai in superficialità.
Slavi–Bravissime Persone è un percorso che parte dalle sonorità della musica gitana, percorre quelle dell’elettronica e sfocia nel pop, ideato ed arrangiato, però, per non passare nel circuito mainstream. Tutto il concept sonoro si regge sui fiati mentre basso tuba, trombone, bombardini e clarinetti vengono utilizzati in maniera “indie”, nel senso di indipendenti dalle mode degli ultimi anni. Sebbene nella formazione siano presenti ben due chitarristi, lo strumento a sei corde è relegato ad un ruolo marginale nel sound generale del disco. In definitiva i testi di stampo cantautorale, immersi in un sound elettro-gitano, fanno di questo primo disco degli Slavi – Bravissime Persone – qualcosa di originale nel panorama pop italiano.
È passato quasi un mese dal lancio dell’album. Quale bilancio sentite di tracciare?
Tutto procede come previsto dal nostro centro studi (MArtelabel) che, dopo un’attenta analisi eziologica, ci aveva vaticinato una crescente mole di concerti al temine dei quali i nostri CD sarebbero andati a ruba. Mentre la vetero distribuzione discografica ci avrebbe platealmente snobbato. Così sta accadendo.
Quali sono state le fasi che hanno portato alla realizzazione di questo album?
Il nostro Presidente, Néstor Fabbri, commissionò al Maestro, Antonio Ramberti, la scrittura dei brani che vennero presentati in sala prove alla banda di Slavi – bravissime persone. A quel punto Jandu, il nostro trombonista, compose tutte le strutture portanti dei brani con il solo ausilio del trombone, bombardino e basso tuba. Il tocco finale è stato dato da innesti di elettronica “slava” e assoli di chitarre.
Come mai la scelta di Spermatozoi, come primo singolo?
Principalmente per il testo. Sebbene fosse una tematica generazionale, era anche universale. Una grottesca battaglia dei sessi. Dove le donne, spinte dalla biologia, cercano in tutti i modi di farsi mettere incinta da uomini che, malgrado l’età anagrafica, non sono mai veramente cresciuti.
Una contaminazione di generi importanti, a tratti sorprendente. Ci raccontate un po’ questa miscela esplosiva?
Volevamo fare un disco pop, quindi semplice nelle armonie e melodie. Al tempo stesso volevamo stare alla larga da quei cliché da cui tutti attingono per avere la giusta attenzione da parte di radio e critica mainstream. Il risultato è stato a tratti come dite voi: sorprendente. Il primo disco degli Slavi – Bravissime persone è metaforicamente come i Paesi Bassi: terra rubata al mare. A noi sembra d’aver fatto una specie di “opera di bonifica”, di aver reso disponibile per tutti un terreno che prima era in fondo al mare. Se a qualcuno interessa, adesso è lì, a disposizione.
Dovendo scegliere un genere, che tipo di band vi definireste?
Scegliersi un genere significa auto rinchiudersi in una galera, però è anche divertente trovare delle nuove categorie. Quindi accettiamo la sfida che ci proponete dicendo che definiamo i nostri brani Liscio-Zingareschi.
Quali sono state le vostre influenze artistiche, internazionali e magari anche italiane?
Gli artisti internazionali ai quali ci ispiriamo sono davvero tantissimi e probabilmente qui lo spazio è poco per elencarli tutti. Per quanto riguarda gli italiani, seguiamo con divertimento e molta attenzione i Veeblefetzer di Andrea Cota e Giacomo Toni.
Cosa ne pensate dell’attuale momento dell’industria discografica. Major e indipendenti. Come siamo messi?
E’ un momento di crisi che dura da tanti anni. Le major sono praticamente in malora perché non erano epistemologicamente preparate ad attraversare un periodo come questo. Le indipendenti, grazie alla loro flessibilità e soprattutto al fatto che la gente che lavora per loro ama ciò che fa, riescono a cavarsela meglio. Infatti sono le uniche che producono qualcosa di dignitoso.
Per quanto riguarda i Live, cosa prevede la stagione invernale?
Beh…il Live è la nostra specialità. Abbiamo una costante innovazione dello spettacolo. Perciò non possiamo far altro che invitarvi ai concerti.
Il Valzer del Presidente, come mai questa scelta?
E’ stato più forte di noi. Siamo tutti musicisti cresciuti ascoltando il liscio tradizionale sin dalla culla. Perciò ogni tanto subiamo delle eruzioni violente ed impreviste di valzer (romagnoli, austriaci o polacchi) che non riusciamo a controllare. Anche “Dolore”, l’ultima traccia del disco ne è una testimonianza.
C’è un brano che secondo voi vi rappresenta di più?
No. Tutto il disco contiene degli ottimi spunti da sviluppare nei prossimi tempi.