Published on Marzo 7th, 2014 | by Antonio Tortolano
Megamusic intervista gli Alanjemaal
(Non ho) niente da sognare è il nuovo album degli Alanjemaal. La indie rock band brianzola torna sulla scena due anni dopo l’ultimo lavoro di inediti, Dalla ruggine. Il disco vede l’ala protettrice di Fabio Magistrali, produttore tra gli altri di Afterhours, Perturbazione e Marta sui tubi. Un album riflessivo che si interroga sulle difficoltà di questi anni, su un presente incerto e un futuro ancora tutto da scrivere. Gli Alanjemaal, in principio nati con il nome di Ruve Pravda e parliamo del 1993, hanno attraversato diversi cambiamenti e una lunga pausa. Ma questo lavoro, ben confezionato e decisamente convincente anche nelle sonorità, segna il definitivo rilancio della band originaria di Monza. Abbiamo rivolto alcune domande ad Alberto Casiraghi con cui spaziamo su diversi argomenti.
(Non ho) niente da sognare. Come nasce questo nuovo lavoro e quale riscontro vi aspettate da questo nuovo lavoro?
Il disco è un po’ il riassunto di un decennio di nostra musica e difatti nella track list ci sono alcune canzoni nate nei primi anni 2000.
Quindi più per come nasce, parlerei di come a un certo punto ce lo siamo letteralmente trovato tratteggiato nella sua impalcatura generale. E anche la sua realizzazione è stata, all’inizio, quasi una casualità, dovendo gioco forza nel 2009 registrare tutto il materiale che stavamo provando in quel periodo per il semplice motivo che il bassista Alessandro Polito ( per motivi lavorativi e personali) ci doveva abbandonare. Dovevamo, per così dire, congelare quel momento musicale per poi capire in futuro come utilizzarlo. Col rientro un anno e mezzo dopo di Alessandro fu naturale che quel materiale dovesse essere completato per farlo diventare “(Non ho) Niente da sognare”. Insomma, niente decisioni a tavolino, ma il naturale e logico completamento di una stagione musicale.
Quanto è importante per voi lo “zampino” di una figura preziosa come quella di Fabio Magistrali?
Fabio è prima di tutto un amico. E usiamo questa parola di solito con molta parsimonia. Ma è così. Per noi lui rappresenta le orecchie che non possiamo avere perché troppo coinvolti in quello che suoniamo. Soprattutto per questo lavoro avevamo bisogno di un punto di vista terzo, e lui era la persona ideale per un giudizio diretto, senza mediazioni, sincero. E’ arrivato a registrazioni concluse al 90%, ossia mancavano solo le voci e alcune piccole cose. Eravamo a un punto morto senza sapere se andare avanti o buttare via tutto. Fabio ci ha tolto ogni imbarazzo e ci ha convinti a finire quel materiale che a lui suonava vivo e fresco. E così abbiamo fatto, con il suo abile supporto anche per la fase di missaggio e assistendo al mastering. A sentire il risultato finale penso che la scelta di collaborare con lui sia stata fondamentale.
Il titolo dell’album rispecchia un po’ i giorni nostri e tutte le difficoltà. Avete preso spunto interamente dalla realtà che ci circonda?
Più che altro prendo spunto dalle nostre vite, dalle esperienze che volente o nolente si è costretti ad affrontare. Certo, la riflessione su questo decennio, sulla crisi etica prima che economica della nostra generazione è evidente. Ma lungi da noi voler fare un disco a tema. Non funziona così di solito e sarebbe molto presuntuoso affermare, per noi, il contrario. Invece è giusto dire che una volta finito il disco ci siamo interrogati a lungo per trovare un tema che potesse tenere unite tutte quelle canzoni. Penso che il titolo “(Non ho) Niente da sognare” svolga bene questa funzione.
Qual è la vostra ricetta per uscire dalla crisi dell’industria discografica?
L’industria discografica è lontana dalle nostre vite di musicisti, tanto è vero che nessuna etichetta ancora, e credo che sarà così nel futuro, ha bussato alla nostra porta. Non che ci importi molto, tra l’altro. Quindi, dovremmo rispondere che non abbiamo ricette. Ed è così: non ne abbiamo.
Siete molto legati al vostro pubblico. Quali saranno le principali sorprese di questo 2014?
Un video di prossima uscita e speriamo un nutrito numero di live.
Quali band italiane della scena indie rock apprezzate particolarmente?
Negli ultimi anni ci sono piaciuti i dischi dei Verdena, Il buio, Gazebo Penguins, Massimo Volume, Verbal. Io sono particolarmente legato al lavoro di Cesare Basile, di Marco Parente, di Alessandro Fiori. Non possiamo però non citare i Perturbazione nostri amici di lunga data, anche perché due di loro collaborarono al nostro cd precedente “Dalla ruggine. Sicuramente dimentichiamo qualcuno…
Undici brani nel vostro nuovo lavoro. C’è uno di questi che vi rappresenta meglio rispetto ad altri?
Essendo tutti figli nostri è un po’ difficile rispondere a questa domanda, anche perché penso che ogni componente della band abbia giustamente una risposta diversa da dare. “Soffocare” l’abbiamo scelto come nostro singolo e con quella canzone abbiamo prodotto un video. Probabilmente, però, è “Dalle macerie” il brano che più dà un senso e legge meglio il nostro ultimo decennio. Non fosse altro che parla di lasciarsi alle spalle le difficoltà di tutti i giorni, fare punto a capo e guardare sempre al futuro. “Fare a pugni con la logica, che ci è piovuta addosso” è l’ultima frase del testo, ed è quella che riassume totalmente la volontà di non arrendersi alle complicazioni della vita. Questo sì, ci rappresenta.
Vent’anni di carriera. Il momento più difficile e quello più emozionante?
Il momento più difficile è stato quando Alessandro ha dovuto lasciarci. Pensavamo proprio di non riuscire a rimetterci in carreggiata. Fortunatamente col suo ritorno siamo ripartiti riuscendo a toglierci qualche soddisfazione. Al contrario, questo è un momento per molti versi molto entusiasmante.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Registrare un nuovo disco alla fine dell’anno o all’inizio del prossimo. E magari non metterci cinque anni per finirlo e pubblicarlo.
Almeno per una volta, bisognerebbe fare le cose un po’ più in fretta. Così, per sorprendere noi stessi.